Lo schermo del computer presenta come sfondo un porto, di notte, con barchette attraccate e le luci dei palazzi che riflettono nell’acqua, raddoppiando la loro forza.
Lo sfondo che mi presenta invece la realtà, è fatto di casette silenziose, una piazza, dei lampioni, e le luci di altre case, piazze e lampioni di altri paesi, su colline che riempiono il giorno di verde, che di notte invece, fan comunicare i grilli ed anche alcuni cani. In lontananza, qualche automobile le attraversa, alcune le si può udire, altre soltanto vedere, grazie ai fanali, e distinguerne la direzione.
Ogni tanto qualcuna raggiunge questa piccola piazzetta, che osservo dall’alto di un semplice ma elegante balcone. Sono solo a quest’ora. Suonano il clacson, anche se non mi riconoscono sicuramente, ma il paesino è piccolo, il balcone si sa di chi è, e qui si usa così, se passi in auto o in moto e vedi qualcuno, devi suonare. Credo sia una forma d’educazione.
Ho passato una giornata estremamente pesante, non nel senso di fatica, ma di noia. Ho dormito tutto il pomeriggio a causa di un pranzo con parenti fin troppo ospitali. Affettati di maiali e cinghiali della zona, mozzarella e ricotta di bufala, vino fatto in casa, pasta fatta in casa, carne al sugo, pane e pollo con patate.
Pieno come non mai, e vi giuro che ne ho passate di feste durante la dieta, ma non ho mai mangiato così tanto, mi sono abbioccato verso le quattro, perdendo la concezione del tempo e dello spazio.
La realtà è una cosa, quel che ho in testa invece non la riguarda.
E’ la una e venti della notte. Non posso aver sonno dopo una giornata del genere. Non voglio più mangiare fino alla prossima guerra. Non fa per me. Odio le abbuffate. Strano da dirsi, ma è proprio così. Io che ho sempre amato questo tipo di feste… Il sedersi a tavola in compagnia ed il mangiare fino a scoppiare.
Ora mi rotolo una sigaretta, l’accendo, e cerco di macinare qualche pensiero su di me.
Ho bevuto da poco un goccio di nocino fatto in casa, stipato in una bottiglia di rum. Ottimo. Ho girovagato un po’ per casa senza sapere che fare. Ho fatto degli esercizi per appiattire l’addome. Il mio addome rimane una merda ed ancora me ne vergogno. Figuratevi dopo un’abbuffata del genere i sensi di colpa che mi hanno accarezzato…
Serve ancora un sacco di tempo ed in certi momenti sento che non ne posso più. Che sono stanco, che questa fatina buona del cazzo potrebbe una mattina farmi risvegliare già bello come il sole. Senza la fatica che mi devo sorbire.
Qui la gente non è come me. E’ bella e solare, genuina ed incazzosa quando serve. I paesi di provincia delle colline campane offrono questo, o almeno, la gente che mi circonda ed i luoghi che frequento si presentano così. Non voglio vederne il marcio. Di marcio c’è già il mio pensiero e la mia autostima, che ritorna imperterrita ogni volta che mi ritrovo da solo a pensare.
Di ragazze qui non ce ne sono molte, a meno che non si vada in città. Lì si che son tante e la maggior parte di queste son veramente belle. Non vi nascondo che mi piacerebbe scoparmele tutte. Ma io non so perché, il mio pensiero malato, la mia innaturale autostima, mi ha spinto due anni fa a ripromettermi di non scopare più, fin quando il mio fisico non fosse stato perfetto. Ebbene si, non scopo da due anni, e qualche mese a pensarci bene. Forse perché il sesso in sé non mi ha mai soddisfatto a pieno. Forse perché senza un minimo d’amore non mi ha mai lasciato nulla in cambio, o forse anche perché, quelle poche volte che ho provato qualcosa, l’ho sempre presa nel culo, la famosa minchia invisibile che rovina la vita di tutte le persone fragili di questo mondo.
Io sto imparando ad amarmi, ma spesso mi faccio ancora molto schifo, per quello che sono, e per quello che penso. Mi schifo, e mi faccio schifo perché mi schifo. L’autocommiserazione è una brutta bestia, anche quando si presenta così, nel pieno delle mie facoltà fisiche e mentali, in uno dei periodi più belli ed intensi della mia vita, LA SVOLTA, l’anno in cui quel che penso, faccio.
Queste vacanze son venute nel momento giusto, per farmi capire tante cose.
Ho sempre detto che bisogna prima imparare ad amarsi, per esser capaci poi ad amare gli altri, a me vien più facile amare gli altri, incondizionatamente, in questi ultimi tempi. Giuro però che un po’ di amor incondizionato nei miei confronti, da parte degli altri, ora come ora, proprio non guasterebbe.